Le
religioni, al loro sorgere, con l’elaborazione dei miti e la tematizzazione del
sacrificio rituale furono un mezzo di comprensione della realtà
fenomenica, nonché uno strumento intellettivo
di riflessione sulle tante problematiche dell’uomo socializzato.
Categorie come coscienza, bene e male, vita e
morte, passato e futuro furono profondamente scandagliate e
rappresentate dalle varie religioni, ciascuna a suo modo.
Poi l’uomo,
evolvendosi, ebbe bisogno di strumenti più duttili per darsi delle risposte non
stereotipate come quelle delle religioni, ed ecco l’apparire della indagine
filosofica: libera, spregiudicata ,
iconoclasta agli occhi dei vari culti.
La filosofia è proteiforme e mutevole
come gli stessi filosofi che la esprimono, e ciò le ha consentito di essere
utile all'uomo nel suo continuo mutare evolutivo, al contrario delle religioni
che, pur assediate da una realtà in continuo mutamento, si difendono con l’arma
della staticità, del fissismo della parola arcaica “rivelata”, della
richiesta di "fede" come alternativa a ragionamento, dubbio e indagine.
Infine venne la scienza sperimentale e tutto lo
scenario empirico si ribalta, le filosofie vengono relativizzate e le religioni
inquadrate in una categoria antropologico-sociale arcaica in graduale
decremento.
Chi NON è d’accordo?