giovedì 18 dicembre 2014

IL REATO DI NON CREDERE IN UN RAPPORTO SCONVOLGENTE

In un art. dell'Espresso (10.12.2014), scritto da Michele Sasso, dedicato alla libertà di non credere, viene detto che in taluni paesi islamici la situazione è molto preoccupante. Egli ha introdotto un corposo rapporto di 552 pagine dell’International Humanist and Ethical Union (di cui l’Uaar è membro per l’Italia), che si può trovare qui
https://drive.google.com/file/d/0B3gXFZt5sXX1aDJLblBMbjBxd0E/view.
La cosa più sconcertante è che ancora oggi in ben 19 nazioni è impossibile rinunciare alla “fede di stato”, pena il rischio d'incorrere in una sentenza capitale.
Il Pakistan non prevede la condanna a morte per apostasia, ma ha perseguitato migliaia di persone da quando ha introdotto le leggi anti-blasfemia (ancora in vigore) nel 1988. Per essere condannati basta una bestemmia in pubblico.
In Malesia umanismo e secolarismo vengono considerate come “deviazioni” pericolose per l’Islam. In Arabia Saudita si equipara “ateismo” a “terrorismo”. In Egitto si considera l’ateismo una “minaccia per la società”. In Indonesia gli atei rimangono socialmente emarginati e legalmente non riconosciuti. Fuori controllo l’attuale Iraq, dove spadroneggia lo Stato ultra-fondamentalista dell’Isis, che fa strage di minoranze religiose, tra cui musulmani e “apostati”.
Questi son solo alcuni dei tantissimi paesi citati nel rapporto. Evidentemente la secolarizzazione dei costumi e delle mentalità si fa strada, in un mondo globalizzato, anche là dove meno ce la si aspetta.

E. Galavotti

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