venerdì 13 febbraio 2015

LIBERTA' DI OPINIONE O IMPOSIZIONE DELLA CENSURA PER IL COSIDDETTO NEGAZIONISMO?

Serpeggia nel parlamento italiano l’intento di comminare per legge il carcere a chi, perché è matto o perché è un esibizionista controcorrente ovvero perchè  lo ritiene per suoi motivi verosimile,  esprimesse la sua opinione  che mette in dubbio certi tristi eventi della Storia legati alla persecuzione razziale o politica o religiosa. Guai a voler argomentare riduttivamente su  tristissimi  fatti storici come foibe, olocausto di ebrei o armeni, Srebrenica, lo stupro-strage di Nanchino, forse Katyn o Cefalonia, chi sa se pure lo sterminio dei Catari. La libertà di espressione non può fare il surf sulle onde del potere politico pro tempore: per quanto mi riguarda già non tollero che il diritto penale debba occuparsi di vilipendio e blasfemìa in uno Stato liberale di diritto. Io penso che qualsiasi limitazione della libertà di parola e di opinione, e quindi di stampa, sia solo l’inizio di un proibizionismo delle idee che può sempre aumentare nel tempo facendo leva sul  fatto che esiste  già un “precedente”, che a sua volta  legittimizza  una logica censoria e repressiva (al riguardo ricordiamoci il monito del grande David Hume”La libertà non si perde tutta in una volta”).
In una democrazia liberale non si fa censura: una società civile e matura ha i propri anticorpi per isolare,  depotenziare e neutralizzare quanto di nocivo può minacciare con l’informazione la pace, la giustizia e il bene comune. La democrazia non può vivere di bavagli, censure, perquisizioni e manette, nè può giustificare il reato di opinione. Jefferson, che fu il padre della costituzione americana del 1776  e  su cui fonda quella grande democrazia, affermò: “La libertà del nostro Paese riposa sulla libertà dei suoi giornali”. Io e la rivista NonCredo che dirigo lo sottoscriviamo con totale convinzione. Proibire la libera manifestazione di opinioni (e qui non parlo di apologia) significa imitare l’ayatollah Khomeyni rispetto a Rushdie  ovvero  tutte le dittature e i regimi militari. Ammiro, invece, e condivido la nota suora domenicana (quindi erede degli “inquisitori”domenicani, maestri nella persecuzione del dissenso!) francese Marie-Emmanuel che ha spontaneamente partecipato alla marcia di Parigi per Charlie Hebdo assieme ai capi di Stato, e che ha detto:”Sono una cittadina, difendo la libertà di espressione. Anzi la libertà tout-court“.

 Le tesi contrarie si confutano, si criticano, si stigmatizzano ma NON si mettono a tacere col bavaglio della censura e la minaccia del carcere, come vorrebbero gli isterismi estremistici di integralisti insicuri. Sarebbe illiberale, antidemocratico e liberticida. La libertà di opinione va sempre garantita  e difesa da possibili  “leggi speciali”: il maccartismo è sempre dietro l’angolo. Ce lo dice la Storia. 

mercoledì 14 gennaio 2015

SE C'E' IL MERCATO SPERIAMO CI SIA ANCHE LA LIBERA "BORSA" DELLE RELIGIONI IN FUNZIONE DEI MERITI


Per la Chiesa è duro accorgersi che le religioni sono sul “mercato” come un prodotto e che il cattolicesimo è uno di questi”.

Queste le parole di alto valore semantico, politico e simbolico di un intellettuale cattolico di alto lignaggio culturale come Andrea Riccardi, professore di storia contemporanea e presidente-fondatore della Comunità di s.Egidio. Se per “mercato” intendiamo il luogo fisico o virtuale ove poter trovare ciò che si cerca, certamente in ogni società civile e libera dovrebbe esistere un “mercato” delle idee e delle teorie relative alle religioni con libertà di opzione , interscambio, osmosi e abbandono, se non esistesse l’ostacolo delle loro resistenze, proselitismo, minacce di pene ultraterrene, che rendono  al riguardo la società come la foresta pietrificata. Altrimenti,volesse il cielo! fosse come sentenzia Riccardi, significherebbe laicità, libertà interiore di orientamento e possibilità autonoma di scelta, rispetto per le idee altrui e potatura di tante favole, superfetazioni , suggestioni e superstizioni che rendono  tante narrazioni religiose sia non credibili sia incompatibili col senso comune e il principio di realtà.

lunedì 5 gennaio 2015

LA CORTE DEI CONTI FA LE PULCI ALLA LEGGE SULL'OTTO PER MILLE


A manifestare una severa critica verso il meccanismo “diabolico” dell'otto per mille dell'Irpef, non è stato questa volta un opinionista poco benevolo verso il Vaticano, ma un organo dello Stato, la Corte dei Conti, in una relazione intitolata “Destinazione e gestione dell'otto per mille dell'Irpef” del 23 ottobre scorso e diffusa in questi giorni. 
Le cose che dice la Corte dei Conti non sono nuove, la novità è che a dirle è un organo dello Stato al quale è affidata la funzione di magistratura contabile.
Le cifre riportate parlano chiaro: solo il 46% dei contribuenti firma per l'otto per mille; la parte della torta non attribuita viene ripartita sulla base delle scelte operate da questo 46%, e la parte d'incasso derivante dalle quote non espresse supera quelle espresse: per fare un esempio, nel 2011 la Chiesa cattolica ha ricevuto l'82,28% delle risorse rispetto al 37,93% delle scelte espresse.
La Corte dei Conti riconosce che questo meccanismo è spiegato in maniera poco chiara nel modello di dichiarazione, che lo Stato non fa campagna per l'otto per mille  e che sul sito della presidenza del Consiglio non risulti come i beneficiari abbiano utilizzato i fondi, invitando il Governo a porre rimedio al complesso dei rilievi formulati
Come nel caso della legge elettorale “porcellum” c'è voluto l'intervento della Corte Costituzionale per convincere la classe politica a mettere mano alla legge elettorale, così è prevedibile (o almeno si spera) che l'intervento di un'altra magistratura, quella contabile, riesca a dare la sveglia per la modifica della legge sull'otto per mille.

Gaetano Toro


venerdì 26 dicembre 2014

IL PAPA FA BENE IL SUO MESTIERE


Ricevendo 7000 medici cattolici Bergoglio nella sua allocuzione li ha esortati all’obbiezione di coscienza nei casi di aborto  e eutanasia. 

Conosciamo le posizioni preconcette del cattolicesimo ufficiale al riguardo e lui ha fatto ciò che gli competeva ricordandosi che è innanzitutto un  prete. 
C’è ora da augurarsi che anche i medici, che sono gli intermediari tra la natura dell’uomo e la sua capacità di soffrire, si ricordino a loro volta di essere innanzi tutto dei medici e non dei preti o sacrestani, ed il medico non monopolizza le sue capacità terapeutiche al sevizio di una ideologia. 

Il nemico ferito è come un nostro ferito: si è neutrali  di fronte alla sofferenza, non si “obbietta”. 

giovedì 18 dicembre 2014

IL REATO DI NON CREDERE IN UN RAPPORTO SCONVOLGENTE

In un art. dell'Espresso (10.12.2014), scritto da Michele Sasso, dedicato alla libertà di non credere, viene detto che in taluni paesi islamici la situazione è molto preoccupante. Egli ha introdotto un corposo rapporto di 552 pagine dell’International Humanist and Ethical Union (di cui l’Uaar è membro per l’Italia), che si può trovare qui
https://drive.google.com/file/d/0B3gXFZt5sXX1aDJLblBMbjBxd0E/view.
La cosa più sconcertante è che ancora oggi in ben 19 nazioni è impossibile rinunciare alla “fede di stato”, pena il rischio d'incorrere in una sentenza capitale.
Il Pakistan non prevede la condanna a morte per apostasia, ma ha perseguitato migliaia di persone da quando ha introdotto le leggi anti-blasfemia (ancora in vigore) nel 1988. Per essere condannati basta una bestemmia in pubblico.
In Malesia umanismo e secolarismo vengono considerate come “deviazioni” pericolose per l’Islam. In Arabia Saudita si equipara “ateismo” a “terrorismo”. In Egitto si considera l’ateismo una “minaccia per la società”. In Indonesia gli atei rimangono socialmente emarginati e legalmente non riconosciuti. Fuori controllo l’attuale Iraq, dove spadroneggia lo Stato ultra-fondamentalista dell’Isis, che fa strage di minoranze religiose, tra cui musulmani e “apostati”.
Questi son solo alcuni dei tantissimi paesi citati nel rapporto. Evidentemente la secolarizzazione dei costumi e delle mentalità si fa strada, in un mondo globalizzato, anche là dove meno ce la si aspetta.

E. Galavotti

lunedì 24 novembre 2014

IL CAMMINO DELL'UOMO: MITI, RELIGIONI, FILIOSOFIA, SCIENZA

Le religioni, al loro sorgere, con l’elaborazione dei miti e la tematizzazione del sacrificio rituale furono un mezzo di comprensione della realtà fenomenica, nonché uno strumento intellettivo  di riflessione sulle tante problematiche dell’uomo socializzato. Categorie come coscienza, bene e male, vita e  morte, passato e futuro furono profondamente scandagliate e rappresentate dalle varie religioni, ciascuna a suo modo. 
Poi l’uomo, evolvendosi, ebbe bisogno di strumenti più duttili per darsi delle risposte non stereotipate come quelle delle religioni, ed ecco l’apparire della indagine filosofica:  libera, spregiudicata , iconoclasta agli occhi dei vari culti. 
La filosofia è proteiforme e mutevole come gli stessi filosofi che la esprimono, e ciò le ha consentito di essere utile all'uomo nel suo continuo mutare evolutivo, al contrario delle religioni che, pur assediate da una realtà in continuo mutamento, si difendono con l’arma della staticità, del fissismo della parola arcaica “rivelata”, della richiesta di "fede" come alternativa a ragionamento, dubbio e indagine. 
Infine venne la scienza sperimentale e tutto lo scenario empirico si ribalta, le filosofie vengono relativizzate e le religioni inquadrate in una categoria antropologico-sociale arcaica in graduale decremento.  
Chi NON è d’accordo?

giovedì 20 novembre 2014

LIBERO PENSIERO

E’ una parola essere liberi di pensare e di parlare. Siamo bombardati da mille frasi fatte e abbiamo alle spalle una storia problematica, fatta di tante cose storte.
Vien da riflettere sulla realtà e magari scoprire che seguitiamo a partire dal tetto nel considerare il vero e non dalle fondamenta.
Ne abbiamo paura?
Ad esempio, la nostra radice è ineluttabilmente religiosa e cattolica: c’è del buono in tutto questo, ma c’è anche qualcosa di cattivo che va a inficiare il tutto.
La Chiesa ha certezze. Se hai certezze, stai fermo su te stesso. Meglio il dubbio.
Ecco la libertà ma costa cara.
Eviterei di andare a trovare un nemico perché c’è il rischio di trovartelo davanti, tale e quale a te. Siamo noi che facciamo la storia.
Le certezze a buon mercato non scendono dal cielo, ce le costruiamo noi. Così i personaggi.
La strada e lunga per uscire dal tunnel. Prendere, intanto, la direzione giusta. “Noncredo” può dare una mano.

Dario Lodi